BLUE PEER SUPPORTER

Introduzione: chi sono i peer supporter

Il “peer supporter” (in italiano “pari) è una figura professionale che all’interno degli ambienti di lavoro offre un servizio di ascolto e di primo supporto ai propri colleghi indirizzandoli poi, se necessario, verso psicologi professionisti. La loro azione è facilitata dall’appartenere alla stessa organizzazione del collega che ha bisogno di aiuto e dal fatto di non ricoprire ruoli di comando. Questa situazione favorisce l’instaurarsi di una complicità e della condivisione delle emozioni, riduce le diffidenze e non comporta oltretutto esborsi di denaro. I peer supporter, operando nello stesso ambiente dei colleghi che potrebbero aver bisogno di aiuto e sostegno, conoscono quindi le problematiche e le criticità degli individui e dell’ambiente professionale dove essi operano. Nel mondo delle forze di polizia e dei militari questa figura comporta degli indubbi lati positivi. La figura del “Peer Supporter” risolve infatti la difficoltà che hanno molti operatori di polizia e militari a rivolgersi a un professionista della salute mentale nel momento in cui avvertono un disagio psicologico, anche se di lieve entità per timore di essere marginalizzati dalla propria organizzazione.

 

Le esperienze italiane sui peer supporter nelle forze dell’ordine

In Italia si sono già registrati nel corso degli anni dei tentativi di inserire la figura dei “pari” anche all’interno delle forze di polizia e, in particolare, si ricorda l’esperienza nel Corpo Forestale dello Stato e nella Polizia di Stato (dal 2003) e di alcuni progetti che hanno riguardato la Polizia Locale in tempi più recenti. Il modello che in passato si è tentato di applicare nella realtà italiana prevedeva la formazione e l’impiego di “pari” che avessero subito in prima persona un “evento critico di servizio” (E.C.S.) e avessero quindi sperimentato sulla propria pelle un trauma psicologico. I poliziotti che negli anni passati sono stati formati come “pari” avevano vissuto durante il servizio situazioni di forte impatto emotivo e potenziali fonti di stress e disagio (conflitti a fuoco, assistere a scene di violenza estrema, ecc.). L’idea di fondo era quindi quella di individuare dei soggetti in grado di riuscire a intercettare negli operatori soprattutto i sintomi del disturbo post traumatico da stress e di altre patologie similari. Nelle forze di polizia italiane i “pari” sono stati selezionati, formati e inseriti direttamente dalle Amministrazioni, costituendone quindi una struttura interna. Anche le figure di supporto esterno, ovvero i professionisti della salute mentale, sono stati individuati in Funzionari interni alle Amministrazioni. Queste due condizioni non hanno certamente contribuito a limitare l’innata diffidenza da parte di poliziotti e militari a rendere pubblica la propria condizione di disagio psicologico all’interno della propria Amministrazione, per paura di rallentamenti nella carriera e i progetti di “peer supporter” interni sono andati via via perdendo di efficacia.

 

La Blue Peer Supporter Certification

Il nostro progetto “Blue Peer Supporter Certification”, anch’esso mirato su appartenenti a forze di polizia e militari, muove da premesse diverse e attinge informazioni ed esperienze da alcuni progetti americani di successo tra cui le guidelines dell’International Association of Peer Supporters, quelle dell’International Association of Chief of Police, e la National Certified Peer Specialist (NCPS) Certification (adattandoli alla realtà europea) e sfrutta il lavoro di esperti di area clinica presenti all’interno dell’associazione The Italian Thin Blue Line. In primo luogo la certificazione B.P.S. viene rilasciata ad operatori di polizia e militari da una organizzazione esterna e quindi indipendente dalle Amministrazioni a cui appartengono i “pari”. In secondo luogo il nuovo modello di “peer supporter” che viene proposto è centrato sulla capacità di intercettare qualsiasi forma di disagio psicologico, non necessariamente quelle di tipo post-traumatico. In terzo luogo la struttura di supporto psicologico a cui operatori di polizia e militari vengono inviati in caso di necessità è esterna alle Amministrazioni ed è composta in primis dalla chat Psy-Police e dalla rete di Psicologi convenzionati privati e cliniche Neuropsichiatriche gestite dalla Società Neomesia con cui l’Associazione The Italian Thin Blue Line ha attivato delle convenzioni e che agiscono quindi nell’assoluta riservatezza. La certificazione “Blue Peer Supporter” si ottiene attraverso una preliminare selezione che ricerca nell’aspirante “pari” oltre che la sua disponibilità, anche alcuni fondamentali requisiti psicologici e competenze comunicazionali. Le qualità che vengono richieste a coloro che intendono svolgere tale attività sono quindi primariamente la capacità di ascolto, l’empatia, la capacità di una comunicazione efficace e altre caratteristiche in grado di consentire una “vicinanza” con i colleghi che accusano un disagio psicologico sul luogo di lavoro. I “Blue Peer Supporter” non dovrebbero essere giudicanti e possono offrire un primo aiuto al collega in difficoltà rappresentando poi, se necessario, un efficace ponte con degli Psicologi professionisti. La selezione di coloro che aspirano alla certificazione avviene attraverso una batteria di tests specifici e un colloquio diagnostico con uno Psicologo specialista. Coloro che superano la selezione psico-attitudinale frequentano poi un corso base di circa 40 ore (una settimana full-immersion o due weekend) e sostengono un esame composto da tre prove: un test scritto, un esame orale e una simulazione. I frequentatori del corso infine devono sottoscrivere il B.P.S. Code of Ethics che implica, tra le altre cose, un assoluto obbligo di riservatezza sulle confidenze ricevute dai colleghi. Coloro che ottengono la certificazione sfruttano un servizio di supervisione da parte di Psicologi specialisti dell’Associazione “The Italian Thin Blue Line “. La formazione impartita durante il corso B.P.S. insegna in primo luogo a porsi nella maniera corretta ed a individuare i segnali di disagio psicologico nei propri colleghi che se tralasciati potrebbero favorire l’instaurarsi di un quadro psicopatologico più grave. Stati depressivi, dipendenze patologiche, sintomi post-traumatici fino a giungere a condizioni di rischio suicidio possono essere intercettati anche da un “non professionista” nel corso dei normali rapporti di lavoro e possono essere trattati direttamente dal peer supporter in una fase iniziale e poi risolti veicolando il soggetto in difficoltà verso l’assistenza di un professionista della salute mentale.